Ambiente

Un Parco: Il cimitero del terzo millennio

Un bosco sacro contemporaneo dove le ceneri di chi non c’è più vengono sepolte in urne biodegradabili che diventano nutrimento per pioppi e cipressi. È il progetto tutto italiano Arborvitae che si propone di realizzare “un luogo della memoria e della socialità, dove potranno convivere culti religiosi e spiritualità laiche”

Utopia? Non esattamente. Il bosco sacro contemporaneo sta ottenendo ampi consensi e l’interesse è crescente. A Roma, a Milano, in Cile e negli Stati Uniti. Si è avviata una collaborazione con la fondazione Memories, che sta realizzando alla Bovisa di Milano “Il giardino del ricordo”, un progetto che coniuga verde urbano, arte e architettura funeraria, e sembra che i tempi siano maturi anche per l’idea romana: un’area di 30 ettari è stata individuata a Chiaravalle, il paese marchigiano della celeberrima abbazia cistercense che diede i natali a Maria Montessori.

O, forse, la prima concretizzazione del progetto sarà in Cile. “Dobbiamo lavorare con i privati, perché le Istituzioni in Italia sono ferme alla concezione del cimitero napoleonico”, confessa Fabriani, “non si rendono conto che il culto dei morti non esiste più in quei luoghi deserti e abbandonati, dove non c’è nemmeno una panchina per sedersi e dove è necessario inumare i cadaveri dopo 10 o 20 anni perché non c’è più spazio, perpetuando così il dolore dei familiari”. Il sogno di Consuelo, Livia, Cloe e Maria Cristina è quello di realizzare il primo bosco-cimitero nel Paese sudamericano, dove la relazione con il paesaggio è fortissima e dove il governo pianta un albero per ogni nuovo nato. Magari a Isla Negra, sulla costa del Pacifico, dove aleggia ancora lo spirito di Pablo Neruda, il grande poeta che qui visse lungamente e che qui è sepolto assieme alla moglie.

Tutti i particolari.

Ma come sarà Arborvitae? “Un luogo della memoria e della socialità, dove potranno convivere culti religiosi e spiritualità laiche, nel rispetto e nella comunione del ricordo di chi non è più tra noi”, sintetizza Consuelo Fabriani. Un progetto che abbraccia il sentire del mondo che ormai chiede, a voce unanime, di far pace con la natura e di tornare, anche dove l’antropizzazione è più spinta, a un rapporto stretto con il paesaggio e la vegetazione. La sacralità di questi esseri viventi, i più longevi tra le specie, è riconosciuta da ogni popolo e in ogni cultura: alcuni pini del Nevada e in California superano i 5mila anni di vita, un cipresso in Iran e il tasso di Llangernyw nel Galles ne hanno già compiuti 4mila, ulivi e olivastri millenari vivono anche in Italia (nel Salento e in Gallura), per non parlare delle alerce nella Patagonia  argentina. E il viaggio potrebbe continuare in Giappone, Australia, Russia. Se gli alberi riescono a vivere più di Matusalemme allora l’idea di associarli alle ceneri dei defunti non è così balzana.

Parafrasando un celebre slogan commerciale potremmo affermare che “un albero è per sempre”.

Il parco funerario è dunque il luogo dove la morte incontra la vita (e viceversa) ricongiungendo l’alfa e l’omega dell’esistenza umana, ormai inesorabilmente scisse, almeno nell’Occidente europeo. Una delle possibilità che offre Arborvitae è quella di avvicinare bambini e ragazzi al ricordo degli avi e, contemporaneamente, alla scoperta dell’identità degli alto fusti: un disco d’acciaio cor-ten con incisi il nome della persona da ricordare e il nome botanico dell’albero sarà posto alla base del tronco.

Fonte: La Repubblica

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *