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Anna Perennae, archetipo della Madre, una divinità antica avvolta nel mistero.

Nella mitologia romana esiste una divinità che incarna un archetipo della Madre, ed è Anna Perenna.

Antica Dea Romana, Anna Perenna veniva considerata la personificazione del perpetuo rinnovarsi dell’anno, tanto più che presso i romani vigeva l’augurio di: “annare perannareque commode”, ovvero passare un buon anno dall’inizio alla fine, ragione per cui Anna Perenna veniva anche chiamata  ” Anna ac Peranna”.

Inizialmente  Anna Perenna rappresentava la Dea dell’abbondanza e del nutrimento, a tal proposito fa riferimento la radice della parola sanscrita “ann” (cibo) corrispondente al romano “annona” (approvvigionamenti, derrate alimentari)   e cioè chi si occupava di garantire rifornimenti e approvvigionamenti a Roma, da cui deriva il nostro «mercato annonario».

La Dea romana del nutrimento e dell’abbondanza veniva raffigurata con un fascio di spighe tra le mani.

Vi sono poi altre teorie che mettono in relazione il nome della divinità come regina delle acque, altre spiegazioni associano Anna Perenna ad una ancor più antica origine etrusca.

“Annapurna” significa «piena di cibo», colei che nutre, epiteto che si legò nei secoli sia alla Diana di Efeso dalle mille mammelle che alla Vergine Maria, poi dichiarata «Theotokos» (generatrice di Dio, non solo di un uomo) proprio ad Efeso, perchè generò il Pane di Vita, il Cristo che offrì Se stesso all’umanità da redimere.

È probabile però che nei secoli il significato reale, vivo e teologico, di Anna Perenna sia andato mano a mano dissolvendosi, e che il popolo romano abbia unito l’idea di avere una dea che nutriva e che si occupava dell’intero ciclo dell’anno con l’etimologia di «annus», facendo di lei una divinità dell’anno ritornante.

Tradizionalmente Anna viene identificata con la mitica sorella di Didone, che dopo la sua tragica morte, si rifugiò a Malta, presso il re Batto, per sfuggire al fratello Pigmalione. Nuovamente costretta a prendere il mare, naufragò sulle coste del Lazio dove, accolta e ospitata da Enea, suscitò la gelosia della moglie Lavinia. Didone, apparsa ad Anna in sogno la esortò ad abbandonare rapidamente la casa ospitale.

Secondo un’altra versione invece, Anna Perenna era una vecchietta di animo gentile che durante i disordini avvenuti a Roma nel 494 a.C., aiutò i plebei preparando per loro molte focacce così da poterli sfamare. Il suo aiutò fu tanto gradito che a Roma venne innalzata una statua a lei dedicata.

Qualunque sia la sua origine, questa dea romana presiedeva al corso dell’anno, ed era una personificazione femminile che incarnava il perpetuo ritorno.

Le celebrazioni a lei dedicate avvenivano il 15 marzo che, secondo il calendario romuleo, era il primo mese dell’anno e consistevano in grandi banchetti e festeggiamenti di ogni sorta con canti e balli che terminavano molto spesso con colossali ubriacature da parte dei partecipanti. Queste celebrazioni avvenivano all’ interno di un bosco sacro alla Dea, che oggi possiamo individuare nella zona dell’attuale quartiere di Roma dei Parioli. Prova ne sono i numerosi ritrovamenti archeologici rinvenuti in zona, come ad esempio una fonte votiva dedicata alla Dea e numerosi oggetti considerati magici, il che lascia supporre che il sito fosse meta di persone affascinate da pratiche occulte, lastre di piombo con incisioni di malaugurio e figure antropomorfe in cera e altri materiali organici, inserite a testa in giù in contenitori di piombo hanno rafforzato negli anni questa ipotesi.
La vasca si presenta di forma rettangolare racchiusa da bassi muretti: all’interno di quello frontale furono incastrate delle piccole are con epigrafi, rimaste “in loco”, con dedica “Nimphys Sacratis Annae Perennae”, alle Ninfe consacrate ad Anna Perenna.
E’ il primo reperto archeologico che conferma la testimonianza letteraria che a Roma, in località poco lontana dal Campo Marzio, quindi ancora un ritorno al legame tra la divinità arcaica e il dio guerriero, era attivo un luogo dedicato ad Anna Perenna. L’analisi delle muratura indica un utilizzo almeno tra il II secolo a.C. e il IV d.C.

I reperti rinvenuti all’interno della fonte sono oggi conservati nel Museo nazionale romano delle Terme di Diocleziano

Reperti nel sito della Fonte

La fonte, rinvenuta dagli scavi, è stata ritrovata ad una profondità tra i 6 e i 10 metri sotto il livello stradale, ornata da un altare con una iscrizione latina che recita «NYMPHIS SACRATIS ANNAE PERENNAE» permette di attribuire l’opera al culto della Dea. Gli oggetti rinvenuti al suo interno sono numerosi e di varia natura: 549 monete, 74 lucerne, 9 recipienti di piombo alcuni contenenti delle statuette antropomorfe, 3 brocche di ceramica, un paiolo in rame (caccabus), tavolette con incise delle maledizioni (defixiones). I ritrovamenti di alcune pigne e di gusci d’uovo sono stati interpretati come pratiche augurali. Il ritrovamento del paiolo in rame, inoltre, suggerisce che presso il sito si preparassero pozioni magiche, molto interessanti alcune tavolette in piombo recanti incise delle maledizioni contro nemici e amanti,  trovate all’interno di alcune lucerne. Altro ritrovamento particolare è rappresentato da  statuette antropomorfe impastate con cera e farina custodite all’interno di contenitori in piombo inseriti uno dentro l’altro.Significativo è inoltre il fatto che di tante monete recuperate all’interno della fonte, non ve ne sia nessuna precedente all’epoca di Augusto, questo potrebbe far supporre che regolari manutenzioni venivano effettuate nel sito, oppure che in epoca imperiale ci sia stata una vera e propria ristrutturazione della fonte.

Secondo alcune tradizioni Anna veniva rappresentata come una giovane ninfa delle acque, secondo altre come una vecchietta che portava doni ai bambini … per questo motivo si crede che da Anna Perenna sia venuto il mito tutto italiano della Befana che, nel primo mese dell’anno, porta i regali ai bimbi.

Anna Perenna la vecchia che nutre con ciò che ella stessa dona e preserva la vita.

Anna Perenna che dà inizio al periodo della semina e del raccolto, che come la luna regola il ciclo dell’anno, che per gli etruschi era divinità che incarnava la Terra e ci mostra il volto amorevole della  Madre, ci riporta all’antico culto femminile le cui Sacerdotesse venivano chiamate Ninfe e i cui Misteri sono tuttora celati.

 

 

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