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Il culto dei morti è antichissimo. Le tradizioni in Italia e nel mondo, per questo giorno della Memoria.

Il giorno non é considerato festivo, ma é senza dubbio molto sentito dalla popolazione italiana, che viaggia spesso verso i propri luoghi di origine per portare fiori e lumini a parenti ed amici scomparsi.

Non è per noi un giorno di lutto, bensì una giornata felice: i cimiteri si riempiono di fiori, soprattutto crisantemi, e le tavole e le credenze di ogni casa si riempiono di cesti di frutta, dolci, cioccolato e caramelle, un modo felice, soprattutto per i più piccoli, di ricordare i propri cari.

Il culto dei morti è antichissimo e la data del 2 di novembre sembrerebbe riferirsi al periodo del grande Diluvio di cui parla la Genesi, quello per cui Noè costruì l’arca e che secondo il racconto cadde nel “diciassettesimo giorno del secondo mese”, che corrisponderebbe al nostro novembre. Secondo la tradizione, la Festa dei Morti nacque dunque in “onore” delle persone che Dio stesso aveva condannato, al fine di esorcizzare la paura di nuovi eventi simili.

Una storia ovviamente sospesa tra religione e leggenda, ma quale che sia stata la vera origine della festa del 2 di novembre, certe sono le testimonianze storiche che attestano l’usanza di commemorare i morti già in civiltà antichissime, distanti tra loro per spazio e tempo.

Dall’antica Roma, alle civiltà celtiche, fino al Messico e alla Cina, è un proliferare di riti, dove il comune denominatore è consolare le anime dei defunti, perché siano propizie per i vivi. Certamente origini e riti si ricollegano all’antica usanza del banchetto funebre, un tempo comune a tutti i popoli indo-europei, ma la tradizione celtica  fu quella che ebbe maggiore eco in Europa. La celebrazione più importante del calendario celtico era infatti la “notte di Samhain“, notte di tutti i morti e di tutte le anime, che si festeggiava tra il 31 ottobre e il 1° novembre.

 

Motivo ricorrente nella tradizione popolare è ancora la credenza che in questo giorno i cari scomparsi tornino a farci visita sulla terra.

Il viaggio che li separa dal mondo dei vivi è lungo e faticoso, nasce così, per ristorare i propri cari e per renderli benevoli verso i giorni che verranno, la tradizione culinaria della Festa dei Morti che accomuna per significato e finalità tutte le regioni della penisola. Ciò dimostra che, se è vero che oggi il culto commemora i defunti attraverso il suffragio e la preghiera, altrettanto vero è che molte delle antiche usanze continuano a vivere nel comune intento di accogliere, confortare e placare le anime degli avi defunti.

Gli odierni dolci dei morti simboleggiano dunque i doni che i defunti portano dal cielo e contemporaneamente l’offerta di ristoro dei vivi per il loro viaggio. Un modo per esorcizzare la paura dell’ignoto e della morte.

In alcune zone della Lombardia, la notte tra l’1 e il 2 novembre si suole mettere in cucina un vaso di acqua fresca perché i morti possano dissetarsi; in Friuli si lascia un lume acceso, un secchio d’acqua e un po’ di pane, mentre nel Veneto, per scongiurare la tristezza, nel giorno dei morti gli amanti offrono alle promesse spose un sacchetto con dentro fave in pasta frolla colorata, i cosiddetti “Ossi da Morti”. In Trentino le campane suonano per molte ore a chiamare le anime che si dice si radunino intorno alle case per spiare dalle finestre, mentre in Liguria la tradizione vuole che il giorno dei morti si preparino i “bacilli” (fave secche) e i “balletti” (castagne bollite). In Piemonte e in Val D’Aosta le famiglie lasciano invece la tavola imbandita e si recano a far visita al cimitero, mentre nelle campagne cremonesi ci si alza presto la mattina e si rassettano subito i letti affinché le anime dei cari possano trovarvi riposo. Si va poi per le case a raccogliere pane e farina con cui si confezionano i tipici dolci detti “ossa dei morti”.

In Umbria si producono invece tipici dolcetti devozionali a forma di fave, detti “Stinchetti dei Morti”, che si consumano da antichissimo tempo nella ricorrenza dei defunti quasi a voler mitigare il sentimento di tristezza e sostituire le carezze dei cari che non ci sono più. In Abruzzo, oltre all’usanza di lasciare il tavolo da pranzo apparecchiato, si lasciano dei lumini accesi alla finestra, tanti quante sono le anime care, e i bimbi si mandano a dormire con un cartoccio di fave dolci e confetti come simbolo di legame tra le generazioni passate e quelle presenti.

Più a sud, in Sicilia, il 2 novembre è una festa particolarmente gioiosa, soprattutto per i bambini, cui vien fatto credere che se sono stati buoni e hanno pregato per le anime care, i morti torneranno a portar loro dei doni; quando i fanciulli sono poi a dormire, i genitori preparano i tradizionali “pupi di zuccaro” (bambole di zucchero), con castagne, cioccolatini e monetine. Al mattino i bimbi iniziano quindi la ricerca, convinti che durante la notte i morti siano usciti dalle tombe per portare i regali. In Sardegna la mattina del 2 novembre i ragazzi si recano invece di porta in porta per chiedere delle offerte e ricevono in dono pane fatto in casa, fichi secchi, fave, melagrane, mandorle, uva passa e dolci, mentre la sera della vigilia anche qui si accendono i lumini e si lasciano la tavola apparecchiata e le credenze aperte.

Un altare per il día de Muertos che si svolge in Messico.
In America Centrale e Latina nel giorno dei morti ( Día de Muertos) , oltre alla consueta visita dei cimiteri, si addobbano le tombe con fiori, e vi si depositano giocattoli (nel caso in cui il defunto sia un bambino) o alcolici.
Il día de Muertos messicano è diventato patrimonio dell’umanità il 7 novembre 2003. In alcune abitazioni è ancora consuetudine preparare l’altare dei morti davvero suggestivi e colorati. L’altare è arricchito con immagini del defunto, una croce, un arco e incenso.
I festeggiamenti durano molti giorni e si rifanno alle  tradizioni precolombiane, con musica, bevande e cibi tradizionali dai colori vivi. Per le strade si possono ammirare rappresentazioni caricaturali della morte .

Fonte: Leonardo new

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