Introduzione
I nostri corpi sono composti (anche) della stessa materia di cui sono fatte le stelle. A stabilirlo è una ricerca pubblicata sul Monthly Notices of the Royal Astronomical Society: un team di astrofisici coordinati dalla Northwestern University di Evanston (Illinois) è arrivato alla conclusione che quasi la metà del nostro corpo ha origine cosmica.
“L’azoto nel nostro Dna, il calcio nei nostri denti, il ferro nel nostro sangue e il carbonio nella nostra torta di mele” diceva Sagan. Così come i peli del nostro gatto che poltrisce sul divano, il divano stesso e la carta, o lo schermo, sul quale state leggendo questa storia. I miliardi di miliardi di atomi che li compongono sono materia intergalattica che ha percorso centinaia di migliaia di anni luce e infine si è riunita, compressa dalla sua stessa gravità.
Grazie ai venti galattici, scatenati dall’esplosione di supernove, stelle massicce giunte alla fine della loro vita. Sono fenomeni dall’immensa energia: le più potenti arrivano a essere anche diverse volte più luminose dell’intera Via Lattea: “Sapevamo già che siamo polvere di stelle – spiegano gli scienziati al dipartimento di Fisica dell’Università di Roma Tor Vergata- cioè di materiali diffusi nell’Universo da queste esplosioni che arricchiscono il mezzo interstellare. Questi venti sono correnti di particelle cariche che, a quanto risulta dallo studio, spargono atomi non solo nelle vicinanze ma su distanze tanto grandi da arrivare fino alle galassie vicine”. Viaggiano per il cosmo a velocità di migliaia di chilometri al secondo. Per formare nuove stelle e nuove galassie.
Spazio vuoto? Niente affatto! Il nostro Sistema Solare è investito da un “polverone” interstellare che il Sole non riesce a respingere. E che è destinato a crescere.
Ormai sappiamo che, ogni 11 anni, durante una fase di intensa attività dell’astro nota come “massimo solare”, il campo magnetico solare che forma una specie di “scudo”, e che subisce un’inversione di polarità, perde la sua efficienza e lascia passare una quantità superiore di polvere interstellare. Passato il massimo solare, lo “scudo” dovrebbe tornare alla solita efficienza, invece la sofisticata strumentazione di cui disponiamo ora, ha rilevato un aumento nel flusso di particelle.
Gli scienziati credono che ciò dipenda dal fatto che la polarità, prima di tornare uguale a quella iniziale (dopo altri 11 anni), attraversa una serie di configurazioni intermedie alle quali corrispondono stati del campo magnetico particolarmente “permeabili” al passaggio delle particelle.
Vista la quantità di materiale che viaggia nello spazio, dice Daniel Angles-Alcazar capo del team, «in un certo senso ciascuno di noi può considerarsi un viaggiatore spaziale o un migrante extragalattico in quella che pensiamo sia la `nostra´ galassia». E «la cosa sorprendente è che i venti galattici portano decisamente molto più materiale di quanto pensassimo. In termini di ricerca sull’evoluzione galattica è una scoperta eccitante. È un nuovo modo di crescita della galassia che non avevamo mai considerato prima».
È da questi suoi satelliti che la Via Lattea ha riciclato la maggior parte del materiale con un processo che si ripete dalla nascita dell’Universo: “Tutto quello che serve è cucinato dentro le stelle: la prima generazione, dopo il Big Bang, aveva a disposizione solo idrogeno ed elio”, raccontano i ricercatori del dipartimento di Fisica dell’Università Tor Vergata di Roma, “poi le generazioni successive hanno cominciato a produrre elementi più pesanti. E ogni volta che una stella esplode quel materiale viene rimesso in circolazione nelle nebulose, che sono anche la culla di nuove stelle”. E da quelle nebulose che “accendono” gli astri siamo nati anche noi, una volta che la materia prima è stata a disposizione. “Succede quando quelle nubi molecolari hanno abbastanza elementi pesanti, polveri e molecole complesse per formare anche i pianeti e poi molecole ancora più complesse che servono agli organismi viventi anche se per ora siamo l’unico esempio che conosciamo”.