Psicologia spirituale

L’insistente ricerca di promesse per l’avvenire…e la Via dello Zen

La misurazione del merito e del successo, in termini di tempo e l’insistente ricerca di promesse per l’avvenire,secondo la filosofia Zen, rendono impossibile vivere liberamente tanto nel presente quanto nel “lusinghiero” futuro, quando esso arriva.

Lo Shobogenzo è una raccolta di discorsi e saggi tenuti o scritti, in giapponese, da Dogen Zenji nel periodo che va dal 1231 al 1253, anno della sua morte. Si tratta di un’opera veramente monumentale basata sull’insuperabile esperienza religiosa di Dogen e sulla sua impareggiabile interpretazione dell’insegnamento del Buddha.

Come ricorda lo stesso titolo, i discepoli consideravano i discorsi e i saggi di Dogen un tesoro della corretta osservanza della vera Dottrina. Oggi la sua opera ha attirato l’attenzione di molti occidentali ed egli continua ad occupare un posto centrale nel pensiero buddhistico contemporaneo, essendo altamente stimato dalle diverse scuole.

Uno di questi “discorsi” dello Shobogenzo  dice:

“Quando un pesce nuota, procede sempre nuotando, e l’acqua non ha fine. Quando un uccello vola, va innanzi volando, e non vi è fine al cielo. Dai tempi più antichi non vi fu mai pesce che nuotasse fuori dell’acqua, né uccello che volasse fuori del cielo. Pure, quando il pesce ha bisogno di un po’ d’acqua, ne usa solo un poco; e quando ne ha bisogno di molta, ne usa molta. Così la sommità del loro capo è sempre al margine esterno del loro spazio. Se mai un uccello vola al di là di quel suo margine, muore, e così anche per il pesce. Dall’acqua il pesce trae la sua vita, e dal cielo l’uccello. Ma questa vita è fatta dall’uccello e dal pesce. Al tempo stesso l’uccello e il pesce sono fatti dalla vita. Così vi sono il pesce, l’uccello e la vita, e tutti e tre si creano a vicenda. Tuttavia se vi fosse un uccello che prima desiderasse esaminare la dimensione del cielo, o un pesce che prima volesse esaminare l’estensione dell’acqua, e poi cercare di volare e di nuotare, essi non troverebbero mai il cammino nel cielo o nell’acqua.”

Questa non è la filosofia del non guardare dove si va; è la filosofia del non rendere il luogo dove si va così più importante del luogo dove si è, che non vi sia alcun punto nell’andare.

La vita dello zen, perciò, inizia con la sconfessione di mete che in realtà non esistono – il buono senza il cattivo, la gratificazione di un io che è solo un’idea, e il domani che non viene mai. Poiché tutte queste cose sono un inganno di simboli che pretendono di essere realtà e andarne alla ricerca è come camminare dritti contro un muro sul quale un pittore abbia dipinto, per convenzione di prospettiva, un passaggio aperto.

“Soltanto quando non hai nessuna cosa nella mente e non hai mente nelle cose tu sei sgombro e spirituale, vuoto e meraviglioso”.

La meraviglia può soltanto essere descritta come la specialissima sensazione di libertà d’azione che sorge quando il mondo non è più sentito come una specie di ostacolo che ci si erge contro.

Essa non è libertà nel crudo senso di “sbarazzarsi di ogni controllo” e di comportarsi con sfrenato capriccio. È la scoperta della libertà nei compiti più ordinari, poiché quando il senso di isolamento soggettivo svanisce, il mondo non è più sentito come un oggetto intrattabile.

In parte tratto da: La Via Dello Zen di ALAN W. WATTS

 

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