Ambiente

Miti e leggende sugli alberi: Le Driadi ninfe delle querce e altre storie.

Introduzione

Anche se è difficile crederlo, un tempo le pianure europee erano ricoperte da fitti boschi.

Querce, carpini, pioppi, frassini,  ontani formavano un oceano verde, punteggiato qua e là da piccole radure e attraversato di fiumi e torrenti.

Carlo V Re di Spagna  era solito affermare che le foreste del suo regno erano talmente estese da permettere ad uno scoiattolo di attraversarlo, dalla Spagna all’Italia,  semplicemente saltando di ramo in ramo.

Oggi la situazione è ben diversa: il paesaggio è stato profondamente modellato dall’uomo nel corso dei secoli e là dove le chiome degli alberi conducevano una quotidiana lotta  per conquistare la luce,  oggi ci sono campi, strade,  case,  fabbriche, città intere.

La foresta di pianura è sopravvissuta solo in piccoli lembi del territorio, veri scrigni di natura nei quali è possibile scoprire una sorprendente ricchezza di forme di vita.  Questi luoghi, da sempre avvolti da un alone di mistero,  hanno ispirato nel passato innumerevoli miti e leggende aventi come protagonisti gli alberi.

Leggendo queste “storie” con gli occhi smaliziati di uomini del XXI secolo saremmo portati a provare tenerezza per i nostri antenati,  immaginandoli totalmente disarmati di fronte alla complessità dei fenomeni naturali ma, se per un attimo abbandonassimo la dimensione del razionale,  non potremmo  fare a meno di pensare che la nostra visione di ciò che ci circonda è più arida, meno libera, legata com’è al sapere scientifico che poco o nessuno spazio lascia alla dimensione del fantastico.

“Driade” di Evelyn De Morgan

I greci credevano che le querce ospitassero due specie di ninfe le driadi e le amadriadi (da dryàs che significa quercia sacra al dio). Le driadi, spesso raffigurate anche come cicale (le cicale erano chiamate dryokòitai cioè “quelle che dormono nelle querce”), erano ninfe che abitavano gli alberi ma che, all’occorrenza, potevano anche abbandonarli, per questo era proibito abbattere una quercia senza che prima i sacerdoti avessero provveduto, con rituali appositi, ad allontanare le driadi.

Le amadriadi (da hàma insieme) erano congiunte alla quercia, albero che non lasciavano mai, arrivando a morire con esso. C’è da dire che gli antichi greci reputavano la quercia immortale e quindi anche le ninfe amadriadi con esso. Le amadriadi erano le custodi dell’albero sacro ed ogniqualvolta un albero era in pericolo esse lanciavano i loro lamenti minacciosi forieri di sventure per chiunque osasse abbattere un albero senza il volere degli dei

Ecco perché oggi invidiamo un poco quegli uomini dell’Atene del IV secolo che cercavano di spiegare il moto del sole immaginando l’astro trainato da un carro alato, oppure  la dignità dei contadini tedeschi che salutavano levandosi il cappello la ninfa abitante nei sambuchi.

Una riflessione sull’importanza e sulla fragilità di ambienti  rari e preziosi come le foreste, vero patrimonio naturale che la nostra generazione rischia di perdere per sempre.

 

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